Autore: Jon Juanma
data di pubblicazione: 21/12/11
Traduzione: Ciro Brescia
Nel testo L’ideologia tedesca, Karl Marx y Friedrich Engels affermano
che «le idee della classe dominante sono in ogni epoca le idee
dominanti» vale a dire:
«la classe che ha a disposizione i mezzi di produzione materiale
dispone con essi, allo stesso tempo, anche dei mezzi di produzione
spirituale», cosa che fa si che «la classe che è la potenza materiale
dominante della società è in pari tempo la sua potenza spirituale
dominante. La classe che ha i mezzi della produzione materiale dispone
con ciò, in pari tempo, dei mezzi della produzione intellettuale,
cosicché a essa in complesso sono assoggettate le idee di coloro che non
possiedono i mezzi della produzione intellettuale» (1).
Con questa riflessione, tenterò di dimostrare perché il film
nordamericano In Time (A tiempo o El precio del mañana (2), de Andrew
Niccol attualmente nelle sale), nonostante l’utilità generale della
citata premessa marxista, è uno dei film hollywoodiani con il messaggio
più rivoluzionario di tutti i film realizzati sino a oggi nella storia
del cinema. Come è possibile, quindi, che Hollywood, la stessa industria
che è stata epicentro di gran parte della propaganda capitalista da
circa quasi un secolo, produca ora una pellicola blockbuster che è tanto
rivoluzionaria quasi come il Manifesto del Partito Comunista?
Analizziamo e tentiamo di capire il fenomeno a partire da ciò che
pretende essere un apporto alla teoria marxista della cultura,
l’ideologia e le industrie culturali. Apporto che in nessun momento pone
in questione la tendenziale validità della citazione riportata di Marx
ed Engels, bensì tenta di correggere alcune interpretazioni
meccanicistiche che non fanno altro che metastoricizzare e impoverire
gli strumenti di analisi marxista per la rivoluzione sociale.
Per conoscere la sceneggiatura del film: siamo nell’anno 2161, gli
uomini sono stati modificati geneticamente a tal punto che al compiere i
25 anni un timer vitale visibile sui loro avambracci comincia il conto
alla rovescia, l’apparenza fisica rimane giovanile nonostante sia
possibile vivere molto a lungo. A partire da questo momento, devono
procurarsi il tempo se vogliono che il cronometro non arrivi a zero e
quindi, morire. Il tempo è il denaro del futuro, la nuova divisa che
rappresenta il valore di scambio. Si guadagna il tempo lavorando e si
pagano i beni e i servizi con la stessa moneta, in tempo. Così facendo
il cronometro genetico si rinnova nella misura in cui si spende o si
guadagna la nuova moneta temporale. In questo futuro distopico la
società è divisa in maniera brutale in tre classi: i super ricchi
(pochissimi), i benestanti (pochi) e i poveri (la maggioranza). I poveri
hanno sempre poco tempo e devono continuamente lavorare a gran velocità
se non vogliono morire giovani (cosa che accade frequentemente). I
ricchi possono arrivare ad accumulare centinaia, migliaia di anni,
diventando in pratica immortali appropriandosi dell’eccedenza produttiva
che estraggono dai poveri salariati.
Il protagonista della trama è un operaio (di fabbrica, per la
precisione), il suo nome è Will Salas (Justin Timberlake) che vede
morire sua madre prematuramente per l’impossibilità di pagare i debiti e
il costante innalzamento dei prezzi con il quale l’elite governante
strozza la classe operaia.
Improvvisamente la vita di Will cambia in maniera radicale quando incontra un ricco ubriacone in un bar di periferia.
Alcuni rapinatori tentano di lasciarlo senza denaro (senza vita) ma
Will lo salva e questi a cambio gli rivela che non ha nessun senso
vivere per sempre e l’immortalità dei ricchi si basa nell’alta mortalità
pianificata dei poveri: «affinché i pochi possano essere immortali,
molti devono morire». La metafora con il nostro sistema è evidente. In
seguito il ricco (l’attraente M. Bomer) si toglie la vita senza che Will
possa evitarlo e pochi minuti prima, mentre dormiva, gli regala un
secolo di vita, essendo rimasto colpito per il suo buon cuore e la sua
voglia di vivere. Con questo tempo di vita/denaro il protagonista decide
di andare più in là delle periferie che sono separate da diverse dogane
invalicabili per tutti quelli che non abbiano tempo sufficiente da
vivere. In tal modo conosce il quartiere dei ricchi, coloro che hanno il
vero potere: il distretto di New Greenwich (3). Comincia così, per
Will, un’avventura che gli farà comprendere i limiti del sistema e le
possibilità rivoluzionarie per sconfiggerlo mentre lotta per la sua
stessa sopravvivenza con Sylvia (A. Seyfried), la figlia ribelle di un
magnate della finanza di New Greenwich.
Il film è pieno d’insegnamenti rivoluzionari, marxisti, operaistici e
internazionalisti. Per esempio, definendo il tempo come Tempo di Lavoro
Socialmente Necessario (TLSN) (4) al fine di generare valore con le
merci e con l’estrazione del plus-valore da parte dei capitalisti, il
film pone l’accento sull’importanza dello spazio-tempo come centralità
della lotta di classe. La pellicola contiene anche una critica esplicita
all’ideologia neoliberale, che in un dialogo tra il protagonista e il
magnate Weis, uno dei cattivi, quest’ultimo definisce il sistema come
«capitalismo darwinista» giustificando ed appoggiando la conosciuta
sentenza del darwinismo sociale di taglio liberale, la quale afferma che
«solo i più forti sopravvivono». Dall’altra parte, per
contrapposizione, il protagonista, afferma che: «Nessuno deve essere
immortale se anche solo una persona deve morire», ergo nessuno ha il
diritto di essere materialmente ricco se solo una persona non può
soddisfare le sue necessità vitali. Una critica definitiva al sistema in
cui viviamo.
Di seguito, Will e Sylvia chiariscono più di una volta, che, quando
vanno a rapinare le banche del tempo, ciò che fanno non è rubare poiché
il tempo (denaro) lo si sottrae ai peggiori ladri (la famosa
“espropriazione degli espropriatori” concetto sostenuto nel Manifesto
Comunista) (5). Inoltre, la figura del “crumiro/traditore di classe” è
rappresentata da due personaggi: il guardiano del tempo Murphy e il
famoso “minotauro” Fortis che appaiono come traditori della loro classe,
poiché entrambi sono nati nel ghetto, ma vivono sfruttando i suoi
abitanti. Lo stesso Fortis riconosce il suo ruolo e quello della sua
banda quando alla presenza di Will afferma che la polizia gli permette
di delinquere liberamente poiché mantiene il sistema sotto controllo,
poiché a essere rapinati e assassinati sono solo quelli della sua stessa
classe di appartenenza. Dall’altro lato, approfondendo le flagranti
similitudini del mondo distopico del film con il sistema capitalista, ci
imbattiamo con le dogane che separano i mondi di In Time, dove per
poterle attraversare si deve pagare un alto importo accessibile solo ai
capitalisti. Questo elemento è molto interessante, poiché nel film si
afferma che non esiste, per nessuno, alcuna proibizione legale per
attraversarle “liberamente” ma quando Will, un operaio, lo fa (con il
denaro-tempo), scattano tutti gli allarmi del sistema con la figura del
guardiano del tempo (il corpo repressore). Vale a dire: non esiste
nessuna proibizione legale ma esiste, invece, un’impossibilità reale per
la forza lavoro che corrisponde alla libertà quasi totale di movimento
per i capitali, oppressione e restrizioni per la forza lavoro (dogane,
permessi di residenza e lavorativi, cittadini di seconda classe con
diritti limitati, ecc.). Un altro momento importante di In Time si ha
quando si sostiene che il problema non è che Will e Sylvia stiano
rubando denaro-tempo, quanto piuttosto che “il crimine” consista nel
fatto che lo stanno regalando mettendo in pericolo l’esistenza del
sistema nel suo complesso, consentendo agli operai, anche se solo
momentaneamente, di avere il tempo per altre cose che non siano
esclusivamente il produrre.
Altro aspetto interessante, parte molto umanista da evidenziare
dentro il messaggio anticapitalista del film che smussa le
interpretazioni marxiste più settarie, sanguinarie e meccanicistiche, si
ha quando Sylvia chiede a Will se lui la odi per la sua appartenenza
alla classe sfruttatrice e quest’ultimo gli risponde di no, poiché
nessuno è responsabile per nascere dove è nato.
Vale a dire che nessuno sceglie dove cominciare “la partita”. Tale
messaggio è molto importante perché Marx ha spesso evidenziato che la
critica spietata ai capitalisti, la si fa in quanto membri in generale
di una classe, non in quanto singoli. Possono esistere alcuni
capitalisti che fanno più per la rivoluzione che molti operai, come è
stato il caso di Engels, senza di lui Marx non avrebbe potuto essere ciò
che fu e noi non avremmo potuto beneficiare della sua impressionante
eredità storica. Per tanto, non è importante dove si nasce, ma cosa si
fa con ciò che ci è dato. Un messaggio profondamente emancipatore.
Fino a qui mi sono limitato a spiegare alcune chiavi sul perché
sostengo che il film possiede un messaggio rivoluzionario e umanista a
tutto tondo. Non voglio, però, raccontarle tutte per non togliere il
gusto agli spettatori che desiderino vederlo. Al contrario, invito
seriamente tutti i rivoluzionari e attivisti del mondo a conoscere
questo film e servirsi di In Time per organizzare discussioni di
economia politica critica con le quali spiegare le interessanti
connessioni tra il film e il nucleo dell’opera di Marx, Il Capitale. Con
l’intenzione di facilitare il suo studio tra le masse operaie
(specialmente con i giovani). Questo movie può essere un grande
strumento per far arrivare a chi è privo di una formazione accademica,
la teoria marxista di analisi del capitalismo e del materialismo
storico, facendo le osservazioni necessarie, aiutando a illustrare la
densa teoria di Marx con le eccellenti “immagini in movimento” che ci
regala In Time.
Adesso passiamo ad analizzare come sia possibile che Hollywood abbia
realizzato una pellicola con tale contenuto e che ciò ci serva per
avanzare con la demolitrice critica alla nefasta teoria degli autori
fatalisti della tradizione filo marxista come Adorno o Marcuse che
teorizzavano l’impossibilità di una ribellione sistemica o reputavano
impossibile l’emissione di un messaggio rivoluzionario dalle proprie
industrie culturali (IICC). Questi autori intravedevano nelle IICC un
blocco onnipotente (vale a dire che qualcosa o qualcuno sia onnipotente
implica dotarlo di un’infinità impossibile nel mondo materiale,
rinunciare alla rivoluzione e negare la stessa dialettica variabile del
potere non come possesso ma come capacità sociale) (6).
La mia tesi, al contrario, è la seguente: se è vero che la produzione
hollywoodiana si caratterizza per essere piena di film che tendono a
rafforzare le ideologie della classe dominante come affermavano Marx e
Engels, in alcuni ambienti storici esistono le eccezioni, per le quali
la teoria marxiana deve dar conto di tali casi e spiegarne l'origine.
Soprattutto quando il sistema nel suo complesso si ritrova in crisi per
le sue contraddizioni e davanti a lotte tra gruppi o individui di
talento speciale. È esattamente lo stesso che affermavano i due autori
tedeschi a proposito della sovrastruttura politica nel tempo
dell’instabilità: quando le differenti classi si trovano in conflitto
aperto senza che si intraveda un chiaro vincitore (come a volte è
successo tra la corona, la borghesia e l’aristocrazia agli inizi del
capitalismo mercantile, come può succedere con il bonapartismo al’inizio
del capitalismo industriale o altri momenti della lotta di classe).
Questo non significa che possiamo aspettare che Hollywood
maggioritariamente, e nemmeno significativamente, cominci a realizzare
opere che inneggino alla rivoluzione socialista, tanto meno sotto
l’egemonia produttiva capitalista. Ciò che noi marxisti dobbiamo
imparare è ad essere critici, non dogmatici con la nostra stessa teoria e
riuscire a comprendere dove sono le contraddizioni delle classi
dominanti e come a volte possiamo approfittare a beneficio della nostra
causa, anche nel terreno culturale. Dobbiamo anche essere capaci di
insinuarci nelle faglie del sistema per potere costruire la contro
egemonia con i mezzi che usa il capitale che sono, in definitiva, ciò
che abbiamo (insieme con altri strumenti di sistemi storici precedenti).
Distinguere gli elementi progressivi da quelli regressivi. Da qui
possiamo comprendere il caso di In Time… chi sono stati gli agenti che
partecipano nella sua produzione e diffusione?
Il film è distribuito nelle sale dalla 20th Century Fox, una delle
grandi proprietà hollywoodiane appartenenti al conservatore Rupert
Murdoch (che probabilmente non sa nemmeno dell’esistenza di questo
film), e Regency Enterprises, casa di produzione e catena televisiva,
che ha prodotto eccellenti film critici come JFK de Oliver Stone o la
notevole A Time to Kill (Tempo di uccidere, di Joel Schumacher). La
produzione di In Time è a carico della New Regency, filiale della
co-distributrice Regency Enterprises, e della produzione Strike
Entertainment, società di produzione di media grandezza che ha un
accordo di first look con Universal (7), nel gergo legale hollywoodiano
significa che tutti i suoi progetti devono essere offerti in prima
istanza alla Universal e se questa lo rifiuta, la compagnia è libera di
presentarla ad un’altra major. Per tanto possiamo ipotizzare, quasi con
certezza, che In Time ha dovuto affrontare resistenza capitaliste e
probabilmente è stata rifiutata dalla Universal prima che Regency le
desse la luce verde, forse proprio perché la sceneggiatura risultava
“eccessivamente politicizzata a sinistra”.
Facciamoci un’altra pertinente domanda: che accoglienza sta avendo In
Time da parte dei portavoce della industria incaricata di promuovere o
disincentivare il consumo della “merce culturale” tra le masse?
Certamente il film, dunque, gode di un successo di botteghino rispetto
all’investimento. Kyle Smith del New York Post (8), si è risentito per
la propaganda marxista dell’opera, affibbiandole una stella e mezzo su
quattro di giudizio critico e stigmatizzando il film perché «il futuro
che mostra è totalmente passato di moda», che il film «non funzionerebbe
nemmeno nella Russia del 1917» e che il «regista mente quando afferma
che dietro ogni grande fortuna si nasconde un grande crimine». Smith, in
quanto intellettuale organico alla borghesia, abbaia contro un film di
Hollywood che senza dubbio può essere definito di ideologia comunista e
termina riconoscendo che «promuove un programma redistributivo affinché
gli operai del mondo si sollevino contro l’industria privata». Senza
dubbio in questa ultima frase, in quanto mandarino del sistema, si
concentra il nucleo della questione. Da parte sua, Peter Travers della
presunta giovanile e “ribelle” super-vendita Rolling Stone (9), non
potendo criticare in toto la sceneggiatura di taglio progressista, lo fa
parlando male del film e riconosce che è stata pensata «per piacere al
movimento Occupy Wall Street» come se ciò fosse qualcosa di riprovevole:
produrre un’opera affinché piaccia ad un determinato gruppo (cosa che
gli artisti fanno da quando esiste l’Arte). Pare che ciò non disturbi
Travers quando i film si producono per il piacere di un pubblico che si
possa orientare in senso sciovinista, razzista o neoliberale, come la
grande maggioranza della programmazione blockbuster tende a fare.
L’articolista afferma, giocando con il titolo del film, che se andiamo a
vederlo saranno due ore perse del tempo della nostra vita. Forse
Seyfried dovrebbe avvertire, usando lo stesso consiglio, coloro che sono
soliti comprare Rolling Stone, che non è certo disegnata per chi vuole
occupare Wall Street, piuttosto per coloro che preferiscono sostenerla,
come il suo padrone Jann Wenner che dalla sua compagnia Wenner Media
finanzia il Partido Democratico di Obama ed il clan Clinton (10).
Per quanto riguarda l’investimento di In Time, e relativamente
all’appoggio della grande industria, è stato piuttosto discreto per un
film di Hollywood: circa 40 milioni di dollari (quattro volte meno
rispetto ai film più commerciali). Può, però, vantare di aver raccolto
117 milioni di $ (11). È da notare che la maggioranza di questi (82
milioni), proviene dall’esterno del mercato nordamericano, cosa che
conferma la tendenza depressiva del mercato interno USA (tra l’altro a
causa dell’impoverimento della sua classe operaia) e l’espansione
all’estero, cosa che obbliga Hollywood, se vuole continuare a fare
profitti, a realizzare opere ogni volta meno“statunitensi”. Capitalismo
puro. Cosa che si nota anche in In Time, che con la sua estetica
a-zonale potrebbe rappresentare il conflitto quartieri
residenziali-ghetti (borghesia vs lavoratori) di qualsiasi città
“occidentale” degli USA, ma anche del Sudafrica, della Spagna o del
Brasile. Il film denota un linguaggio cinematografico mainstream non
geolocalizzato, vicino ad uno stile internazionale con una scenografia
sobria, senza artifici che enfatizzano la durezza della società
personificata nell’abbrutimento della vita degli operai.
Pur non essendo un'opera maestra del cinema, In Time, è comunque un
buon prodotto commerciale con un messaggio rivoluzionario; cosa che
implica la possibilità che molti nel mondo, non militanti e nemmeno
attivisti, andando al cinema per “passatempo” abbiano l'opportunità di
“passarlo bene” e riflettere, allo stesso tempo, sul sistema nel quale
viviamo. Senza dubbio più di uno di loro aprirà gli occhi e si unirà
alla resistenza.
Per questo ringrazio Andrew Niccol, regista e sceneggiatore di In
Time, per il suo contributo alla cultura pedagogica rivoluzionaria,
insieme ai miei più sinceri auguri per aver realizzato un buon thriller
che per tutta la durata ci mantiene attenti allo schermo e in più, ci
invita (meglio ci esorta) a pensare criticamente sul nostro ruolo nel
sistema in cui viviamo. Che si può chiedere di più al cinema in questi
tempi che corrono segnati dal proto-fascismo capitalista finanziario?
Niccol che è già stato co-sceneggiatore del Truman Show nonché
regista e sceneggiatore de Il Signore della guerra, ritorna a
sorprenderci con un prodotto radicalmente distinto dal resto del
repertorio blockbuster, che basa il suo appeal nell'argomento ribelle,
il polso narrativo ed il richiamo che possono avere i co-protagonisti
per i giovani: l'esperta attrice Amanda Seyfried e la stella della
musica pop, riconvertita in attore con pretese “serie”, Justin
Timberlake. Pur essendo vero che il film denota alcuni punti deboli come
certe incongruenze narrative, la posta in scena di situazioni poco
credibili o l'assenza di un maggiore metraggio che permetterebbe ai
personaggi di guadagnare in profondità e complessità (probabile
risultato dei limiti del finanziamento); non c'è dubbio, però, che il
film meriti la pena di essere visto. La proposta dell'argomento si
svolge, inoltre, insieme alla notevole fotografia della mano di R.
Deakins, abituale collaboratore dei fratelli Cohen.
Per sgomberare il campo dai dubbi di coloro che pensano che nulla di
buono possa venire fuori da Hollywood evidenziamo che il regista e
sceneggiatore ha passato sei anni senza dirigere un film ed è tornato a
farlo dopo molti progetti rifiutati. Essendogli stato chiesto, in
un’intervista, come sia riuscito ad avere il finanziamento da parte di
un grande studio quando il film critica radicalmente questi stessi
conglomerati capitalisti, il regista di origine neozelandese risponde
che «fortunatamente i produttori non hanno letto lo script
(sceneggiatura)» ed è riuscito a vendergli il progetto focalizzando sul
fatto che tutti i personaggi avrebbero avuto al massimo fino a
venticinque anni di età, richiamo, quindi, per il pubblico potenziale
della produzione: i giovani. Inoltre, Niccol, concorda con
l'intervistatore T. Cook, che il film sostiene la necessità di «un’ampia
e radicale rivoluzione» per il mondo intero (12).
Certamente, come indicavano Marx e Engels, in quanto marxisti
dobbiamo assumere il ruolo di avanguardia del proletariato o, per dirla
alla Gramsci, dell'intellettuale organico (a metà strada tra i libri e
la pratica rivoluzionaria); per tanto dobbiamo evitare di ridurci, per
antitesi, in ottusi settari con la testa quadrata e gli occhi bendati
davanti alla complessa lotta di classe che si dispiega intorno a noi.
Dobbiamo comprendere che anche se le industrie capitaliste riproducono
l'ideologia dominate, ciò non significa che possano sempre farlo. Allo
stesso modo, i grandi capitalisti (in quanto individui) non sono sempre
dei fottuti figli della... loro madre. Viviamo in un momento di crisi
sistemica e lungo la sovrastruttura culturale, si possono aprire crepe
nella misura in cui gli artisti solidarizzano con le cause dei popoli e
le crepe nella struttura economica permettano che si esprimano.
Se invece, diciamo ad un pubblico non mobilitato
contro-egemonicamente che vede in In Time un film rivoluzionario, che
tutto ciò che sale dalle industrie capitaliste è “immondizia”, stiamo
falsamente assumendo che il suo potere è illimitato, dipingendo uno
scenario piccolo borghese e nefasto per masse con le quali non entreremo
in connessione né riprodurremo alcun cambio nel divenire storico.
Il marxismo è uno strumento rivoluzionario che deve nutrire la lotta
popolare, non certo la disobbedienza di una benestante elite di
carattere nichilista, a discapito delle lotte reali dietro gli uffici di
qualche cattedra universitaria o di qualche eredità familiare. Dobbiamo
dare spazio alla riflessione e all'autocritica nella teoria marxiana
per comprendere che In Time è anche una merce, come qualsiasi prodotto
umano nel mercato capitalista (così come lo sono le copie de Il Capitale
di Marx nelle librerie, come la nostra connessione ad internet o
l'acqua che beviamo). In Time anche è un prodotto frutto del lavoro
umano oggettivato che ci permette di trasformare una merce capitalista
in uno strumento per la comunicazione rivoluzionaria, la pedagogia
marxista e la vittoria socialista che la sinergia di un presente gravido
di umanità rovente ci reclama.
Valore d'uso e valore di scambio, questa è la questione. La
costruzione (ed il successo) del socialismo internazionale consisterà
nel riconoscere correttamente qual è il valore d'uso di un futuro di
libertà, prigioniero nella forma di merce di un presente assediato dalle
necessità e dal dolore, dove qualsiasi prodotto del lavoro umano è
strappato via ed è reso un feticcio per la necessaria circolazione del
capitale. Abbiamo bisogno di sapere quali prodotti umani ci serviranno
per sviluppare una società senza sfruttamento di classe, in libertà ed
uguaglianza, nonostante le sembianze di abbrutimento e alienazione sotto
le quali sono nascosti nell'odierno sistema. Dobbiamo capire qual è lo
scarto che dobbiamo lasciar morire nella tomba del capitalismo per non
infettare la società del domani.
In conclusione, l’opera è certamente una merce che ha prodotto un
ritorno economico di 117 milioni di dollari lordi suddivisi tra
individui che in maggioranza non sono né anticapitalisti né tanto meno
rivoluzionari, ma è anche un potente strumento che dobbiamo utilizzare
energicamente per svegliare le masse rivoluzionarie addormentate sotto
effetto del soma (13) del capitalista globale, somministrato in molte
occasioni, tra gli altri, da Hollywood (14). Certo che lo sfruttamento
capitalista non si evita rifiutando il cinema (15), ma abbattendo il
sistema e per questo fine, In Time, ci può servire come strumento per la
accumulazione di forze.
Marx sosteneva che un rivoluzionario deve essere capace di ascoltare
l'erba crescere sotto i piedi, rilevando l'importanza dello sviluppo dei
sensi, la virtù e la sottigliezza nell'apprendere dalla prassi
rivoluzionaria. In Time è il frutto del suo contesto storico. È un film,
una opera d'arte, che non è stata realizzata dieci anni addietro,
nemmeno cinque. È stata realizzata ora, dopo l'accumulazione delle forze
progressiste latinoamericane, dopo le rivolte in gran parte del mondo
arabo, delle proteste in mezza Europa e nel cuore dell'impero
usamericano o della lotta armata diretta dai comunisti in Oriente (16).
In Time è figlia del suo tempo, ed i prati del domani ritorneranno a
luccicare di verde se sapremo localizzarne le sementi e irrigare la
speranza socialista.
Saremo capaci di distinguere il canto del domani dalla melma del
presente o lo lasceremo affogare, ancora una volta, insieme alla mille
volte affondata utopia del possibile? Sapremo distinguere il grano dal
loglio?
Ci auguriamo di sì, che questa volta si possa davvero arrivare in tempo.
* Jon Juanma è lo pseudonimo di Jon E. Illescas Martínez, laureato in
Belle Arti e ricercatore delle Industrie Culturali della Fundazione
CajaMurcia (BMN) nella Università di Alicante e nella Università
Complutense di Madrid (Stato spagnolo).
L’articolo è stato concluso il 21 dicembre 2011, anche se le
statistiche riportano la data del 8 di questo mese. È pubblicabile
liberamente con la licenza Creative Commons, sempre che si rispetti la
totalità di tutto il testo, si citi l’autore e che comunque non si
abbiano intenzioni di lucro nella sua riproduzione.
Note:
1. MARX, K. y ENGELS, F. (1994) La ideología alemana. Fuerbach.
Contraposición entre la concepción materialista y la idealista.
Valencia: Universitat de Valencia [1991, 1846].
2. “El precio del mañana” è la traduzione del titolo del film in alcuni paesi di lingua castigliana in America.
3. Le riprese sono avvenute a Bel Air, Malibu e Century City.
4. MARX, K. (2007) El capital (Libro I, tomo I). Madrid: Akal [1976, 1867].
5. MARX, K. y ENGELS, F. (1999) El manifiesto comunista. Barcelona: Los libros de la frontera [1996,1848].
6. LUKES, Steven (2007), El poder: un enfoque radical. Madrid: Siglo XXI [1974, 1985].
8. L’articolo contro il film dell’editorialista del New York Post: http://www.nypost.com/p/entertainment/movies/justin_time_n8O9x6obZzAktqh...
9. Vedere il link: http://www.rollingstone.com/movies/reviews/in-time-20111027.
10. Lista dei giornalisti che hanno appoggiato il Partito Repubblicano ed il Partito Democratico: http://www.msnbc.msn.com/id/19113455/#.TuF6vDixLV0
11. Dati degli incassi fino al 6 dicembre 2011: http://boxofficemojo.com/movies/?id=now.htm
12. Qui l’intervista in inglese: http://collider.com/andrew-niccol-in-time-the-host-interview/122279/ .
13. Il soma era un narcotico allucinogeno della Antica India, utilizzato in diversi riti religiosi.
14. Anche da parte di Bollywood, Al Jazera e in misura minore, ma
crescente, da parte di certa programmazione della TV cubana per fare
qualche esempio solo apparentemente shoccante.
15. senza consiederare che ci sono diversi modi per vederla ;)
16. Mi riferisco al caso dei naxaliti in India e dei maoisti arrivati al potere in Nepal.
1 comentario:
Ti consiglierò di guardare i film qui https://www.cineblog01.cloud/ Personalmente mi è piaciuto molto il sito
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